Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) è stato approvato ormai nel lontano 21 dicembre 2023 dal Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, con il decreto n. 434/2023 (potete trovarlo qui: mase.gov.it ). Questo documento strategico mira a fornire linee guida per ridurre la vulnerabilità dell’Italia agli impatti dei cambiamenti climatici, aumentando la resilienza dei sistemi naturali, sociali ed economici.
Il documento è frutto di un iter burocratico estenuante, dato che la sua approvazione giunge dopo un percorso piuttosto tortuoso. Si è partiti dalla SNAC, la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, datata 2015, ma ci sono voluti ben otto anni per giungere all’approvazione di quello che viene definito “piano operativo”, appunto il PNACC, un ritardo emblematico della lentezza con cui l’Italia affronta le questioni ambientali, ormai evidentemente urgenti.
Il PNACC, un documento di 106 pagine, 3 allegati e un database, prevede 361 misure da implementare a livello nazionale e regionale, coprendo settori come agricoltura, energia, turismo, foreste, gestione delle risorse idriche, salute e trasporti. Tuttavia, l’ampiezza delle misure solleva interrogativi sulla capacità effettiva di coordinamento e attuazione, considerando le storiche inefficienze amministrative del Paese.
Uno degli aspetti più critici del PNACC, verrebbe da dire come sempre, è l’assenza di un piano finanziario nazionale dettagliato. Non sono stati stanziati fondi specifici per l’attuazione delle misure previste, lasciando le amministrazioni locali e regionali nell’incertezza su come procedere. Questa mancanza rischia di trasformare il piano in un ennesimo elenco di buone intenzioni prive di concretezza.
Senza un chiaro impegno finanziario e senza una struttura di governance efficace, l’attuazione del PNACC appare a dir poco nebulosa. Le amministrazioni locali, già sovraccariche e in alcuni casi fortemente sottofinanziate, potrebbero non essere in grado di implementare le misure necessarie, perpetuando l’inerzia che ha caratterizzato l’Italia in materia di adattamento climatico.
Il PNACC sembrerebbe rappresentare quindi un mero passo formale verso l’adattamento ai cambiamenti climatici, ma la sua efficacia appare compromessa dalla mancanza di finanziamenti e dalla lentezza burocratica, che rischiano di ridurlo al solito compito teorico privo di ricadute concrete sui cittadini e sull’ambiente. Senza un impegno concreto e immediato, rischiamo di rimanere spettatori passivi di fronte alle sfide climatiche imminenti.
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